lunedì 28 ottobre 2013

La stanza sopra il garage

Giunti a questo punto, mi ritrovo con un po' di locomotori digitalizzati (la cosa divertente è che i decoder comprati su Ebay in Germania arrivano regolarmente accompagnati nel pacco da una confezione di quelle schifezze gommose di Haribo), un bel po' di carrozze passeggeri, un altro bel po' di carri merci e il MultiMaus della Roco. Praticamente tutto ciò che serve per far funzionare un bel plastico... senza avere il plastico. Sì, perché nel frattempo c'è stata anche la mostra-scambio di Novegro, appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati. E io, a quanto pare, lo sono diventato. Insomma, i banchi degli espositori sono lì, sotto il naso, con ogni bendiddio...




Non ho potuto esimermi, per esempio, dall'acquistare alcune bellissime carrozze Tipo 1957 della Rivarossi "italiana", tra i modelli migliori fabbricati dall'azienda comasca. E quando ho visto la E646.005 Roco, serie speciale numerata in valigetta di metallo prodotta in soli 3.100 pezzi (il mio è il n. 1698) a prezzo più che invitante, non mi sono tirato indietro. Più qualcos'altro qua e là che è superfluo elencare.

Insomma, Simone Luschi - sempre lui, il mio Grillo parlante personale - continuava a rompermi le scatole. «Basta comprare locomotive! Basta comprare treni! Lo vogliamo fare 'sto plastico o no?» Io naturalmente sapevo che aveva ragione. Se nicchiavo era perché in fin dei conti mi spaventava un po' l'impresa. Comprare treni - e anche costruire carri, accumulare materiale rotabile insomma - era solo un gioco, un divertimento fine a se stesso. Sapevo che avrei potuto smettere in qualunque momento - esattamente ciò che dicono tutti i tossici - e sapevo che quel materiale l'avrei potuto rivendere facilmente su Ebay praticamente senza rimetterci nulla. Certo, intanto il materiale si accumulava e lo scaffale comprato per collocarci i dischi in vinile veniva via via usurpato dalle scatole dei treni. E io NON sono un mero collezionista, non me ne frega niente di avere lì una montagna di scatole inerti.

Però ero anche stufo di avere uno stupido ovale sul pavimento del soggiorno poco utilizzabile - vecchi binari Lima arrugginiti per nulla stabili, soggetti ai continui assalti di Cleopatra nonché ricettacoli di polvere, sporcizia & peli di gatto. Simone - arieccolo - dice: «Comincia con qualcosa di piccolo». Uhm. Si dà il caso che la mia modesta magione tra le colline sia composta di cinque stanze. Al piano inferiore, soggiorno e cucina. Al piano superiore, due camere da letto più il bagno. All'esterno, sopra il garage, con accesso indipendente, una quinta stanza, isolata dal resto della casa. In basso, una vista dall'esterno. Più grande delle altre, oltretutto, con il tetto nuovo, l'interno a travi di legno, e il pavimento a livello intermedio. L'idea iniziale sarebbe stata quella di aprire una porta dalla cucina, con alcuni gradini nello spessore del muro (la casa è di fine 800, i muri sono spessi quasi un metro e il dislivello è anch'esso di un metro) e farci una sorta di studio e/o sala da pranzo. Ma la domanda è: cosa cacchio me ne faccio di uno studio? Tanto sto sempre in soggiorno. E cosa cacchio me ne faccio di una sala da pranzo? D'inverno si mangia in cucina - ci si sta comodi in sei, e un po' meno comodi in otto - e d'estate in veranda, dove ci si può stare anche in venti. Via, il dato è tratto. Si butta giù un progetto, e si comincia. Ecco, appunto. Il progetto. Roba da nulla, nevvero?


giovedì 17 ottobre 2013

Fai-da-te

Sì, ma il plastico?

In effetti, siamo giunti alla settima puntata del blog e ancora del plastico non v'è traccia. 

Per forza: in quel periodo - aprile 2013 - del plastico non v'era traccia alcuna neppure nella mia mente. Pensavo solo ai treni. Belli, i treni. 

Gli acquisti continuano, naturalmente. Per esempio, come può mancare una Tartaruga?



Oppure una E424 (Lima con trasmissione cardanica) con un corredo di carrozze Tipo 1937? (A margine, una ben più recente Draisina Matisa della Liliput).



Il titolo del capitolo, però, è Fai-da-te. Ok, è vero. In effetti, comprare e vedere gli oggetti lì, nelle scatole, oppure farli girare semplicemente su un incerto ovale posato sul pavimento non è la mia massima aspirazione. Son mica un vetrinista. Allora, comincio a far rinascere la passione di hobbysta che giaceva latente. Come prima cosa, vado a razzolare nei vecchi scatoloni e recupero una D445 Lima con il mitico (si fa per dire) Motore G. Credo di aver capito a sufficienza, leggendo sui vari blog dedicati al fermodellismo e tempestando di telefonate il buon Simone Luschi, per provare a cimentarmi nella digitalizzazione di un locomotore nato quando il digitale ancora non esisteva. Già che ci sono, gli do una bella ripulita interna e, all'esterno, provo a dargli un aspetto più realistico, applicandogli il vomere, le condotte e altri dettagli. Funziona! Eccolo qui.



Ecco. Dietro, si intravede un carro merci. Già. Anche quello è colpa del Luschi. Collaboratore della rivista Tutto Treno Modellismo, non solo mi induce all'abbonamento alla versione

digitale della rivista, ma mi porta a conoscenza dei relativi kit di costruzione carri. Et voilà. 




 Naturalmente, con il corollario di attrezzatura. "Compra i colori Puravest", dice. Detto, fatto. E poi le polveri per l'invecchiamento, i pennelli di varia foggia, e le ruote di metallo perché quelle dei kit sono in plastica, ecc. ecc.



Ma si può fare di più. La Rete è il mio moderno Paese delle Meraviglie, e le scoperte sono continue. Per esempio, i kit della Lineamodel. La draisina è un gioiellino, ma si rivelerà un inferno. Piccolissima, non è tanto difficile da costruire, quanto da far andare. Per non parlare della carrozzeria, con la mia

bella pensata di aggiungerci le luci, non previste nel kit. Per ora è ancora lì, svestita come in foto, con il suo microdecoder. Ma prima o poi ci rimetterò le mani.



Mani che peraltro non ho ancora messo sull'altro kit Lineamodel comprato a ruota, ovvero quello della D143 "Truman". Una volta completato, dovrà essere come l'originale visibile a fianco, si spera. 



 E insomma, ancora del plastico non se ne parla, anche se in queste foto qualcosa si intravede...

giovedì 10 ottobre 2013

Il delirio dei rotabili

Dunque, eravamo rimasti con la famosa E646.071 Rivarossi funzionante. Eccola qua, in un videino sui vecchi binari Lima riesumati da uno scatolone e posati alla bell'e meglio sul pavimento del soggiorno, con Cleopatra sempre a far la guardia naturalmente.





Se qualcuno ha avuto la bontà di leggere i post precedenti - i famosi 25 lettori del Manzoni, o anche qualcuno di meno, non sia mai - ricorderà forse che si era esclusa la possibilità di acquistare delle carrozze. Costose, innanzitutto, e poi, per farne cosa? Il video ahimè è lì a smentire senza possibilità di redenzione questi sani e austeri intenti. La composizione lascia alquanto a desiderare, dal punto di vista strettamente ferroviario, fatto sta che si possono vedere chiaramente: tre carrozze UIC-X grigio ardesia della Hornby-Rivarossi con filetto rosso (ovvero con carrelli adatti alla velocità massima di 180 km/h), una carrozza ristorante ex CIWL anch'essa della Hornby-Rivarossi, un bagagliaio Tipo 1957 e una carrozza di seconda classe sempre Tipo 1957 con luci di coda e illuminazione interna, entrambe della A.C.M.E.

Dice: ma se non hai intenzione di costruire un plastico - e non ce l'hai, vero? - cosa te ne fai di queste carrozze? Già, cosa me ne faccio? Il fatto è che sono belle. E a me piacciono i treni, da sempre, me ne accorgo ogni volta che accosto una linea ferroviaria, entro in una stazione, sento il rumore di un treno che passa e istintivamente lo cerco con gli occhi, la mente, il cuore.

Maledizione. E Maledetti Luschi che hanno dissepolto questa passione. Ripercorro la cronologia acquisti di Ebay, marzo 2013:

5/3 - set 3 carrozze UIC-X grigio ardesia (quelle di cui sopra).

8/3 - Roco Personenwagen 1./2. Kl. Centoporte FS (già, la fregatura è che si può comprare facilmente anche all'estero a prezzi migliori).



12/3 - Roco 45614+Roco 44842.2 Carrozze Letti TEN.



14/3 - E perché non un terzetto di Gran Confort sempre della Roco nella bellissima livrea bandiera originale, sebbene già con il logo a losanga?



E le Tipo 1937 non vorremo mica dimenticarle?


Naturalmente tutto ambientato in Epoca IV, ossia negli anni a cavallo tra i 70 e i primissimi anni 80, quelli in cui da ragazzo i miei ricordi ferroviari sono più vividi e appassionati. Nel frattempo, Simone Luschi ha la bella pensata di regalarmi (avete letto bene: regalarmi) un set Rivarossi di quattro carrozze Corbellini a due assi "perché dalle nostre parti non si usavano". Eccole qua sotto. E poi dite male dei maremmani sub-amiatini.



Però, un solo locomotore... lo stramaledetto Simone Luschi mi fa scoprire una cosa fino ad allora a me ignota: con il digitale esistono anche i decoder sonori. Guarda caso, uno spacciatore di modellismo ferroviario livornese ha in offerta proprio in quei giorni una E428 Hornby-Rivarossi con Loksound. Già, ma per farla marciare ci vuole per l'appunto l'attrezzatura digitale. Ma io non volevo spendere tutti questi soldi! Volevo solo una E646 da mettere in soggiorno, cazzo!

Massì, ma tanto è tutta roba facilmente rivendibile. Prendi un MultiMaus della Roco, ci giochi un po', e quando ti stufi piazzi tutto su Ebay. Giusto. Detto, fatto.


E la E428? Già, il secondo locomotore è pronto per entrare in casa. Quando arriva sono eccitato come un bimbo soprattutto per via della parte sonora. A questo link E428.102 il filmato realizzato all'epoca, con l'immancabile Cleopatra a fare da sfondo. Purtroppo i suoni in movimento sono spezzettati per via dei cattivi contatti dei vecchi, scadenti e ossidati binari Lima ma, insomma, rende l'idea.

Eccomi qui, dunque, con un paio di locomotori, una quindicina di carrozze, un ovale di vecchi binari per terra in soggiorno. E dunque? E dunque, è bello vedere il treno girare mentre Cleopatra cerca di tirare zampate alle carrozze...

mercoledì 2 ottobre 2013

La E646 in funzione

Dicevamo. Siamo agli inizi di marzo 2013. Io ho la mia bella E646.071 Rivarossi digitalizzata da Simone Luschi che, peraltro, non ho mai visto in funzione. E devo decidere cosa farmene. Intanto, Vedo di lavorarci sopra per rendere il frontale realistico montando gli aggiuntivi, il vomere, colorando i rubinetti delle condotte prendendo dei normali smalti rosso e giallo in colorificio e dandole un aspetto "vissuto". Rovistando in vecchi scatoloni riporto alla luce vecchi e brutti binari Lima su cui posarla almeno per fotografarla.



Rispetto a quanto detto fin qui, la foto sopra presenta due evidenti contraddizioni. La prima: le luci sono accese. Indi significa che, in qualche modo, il binario è alimentato. La seconda: dietro al locomotore si intravedono alcune carrozze che, in teoria, non dovrei avere.
Vero è che dal plastico di vent'anni fa avevo conservato alcune orribili carrozze Lima fuori scala e qualche altro arnese in pessime condizioni. La migliore, una bella carrozza Liliput  delle ferrovie svizzere. 



Ma non è questo il punto.

Il punto è che avevo deciso di giocare. Sì. Nient'altro che giocare un po', come un bimbo. Un anello per terra, in soggiorno, sempre con questi vecchi binari Lima tirati a lucido alla bell'e meglio. E un vecchio alimentatore Fleischmann, perché le locomotive digitalizzate possono funzionare anche in analogico.
E le carrozze? In effetti, sempre vent'anni fa, mia zia Franca mi aveva regalato una bella carrozza Tipo 1937 di prima classe della Roco in livrea grigio ardesia. Inutile dire che, all'epoca, manco sapevo che la carrozza si chiamasse così. Da quando abito in Colombaia, questa carrozza è sempre rimasta a fare da soprammobile sopra il camino. Nella foto sotto, eccola agganciata a un bagagliaio Tipo 1957 della Acme (il grigio ardesia in versione cinese lascia parecchio a desiderare, ma tant'è).


E questo bagagliaio donde salta fuori?

Ecco, appunto. Nella prossima puntata parleremo di ciò che è successo tra marzo e aprile del 2013.

giovedì 26 settembre 2013

Odore di ferrovia

La settimana dopo Follonica, Simone Luschi approda nelle civili terre di Padania per presenziare a Porte Aperte a Milano Smistamento, una simpatica manifestazione in cui grandi e piccini possono assaporare e toccare con mano i rotabili storici, incluso il treno presidenziale. Eccoci qua, io, Simone e il M° Carlo Boccadoro davanti alla E646.085 in livrea Treno Azzurro, una macchina cui sono particolarmente affezionato.


Per l'occasione, Simone mi ha restituito la mia E646.071 Rivarossi digitalizzata & restaurata da par suo con attrezzature sofisticatissime. Con la rude generosità che lo contraddistingue, non ha neppure voluto che gli pagassi il decoder Uhlenbrock che le ha piazzato sopra.


Nel tragitto tra la Stazione Centrale e Milano Smistamento, abbiamo (ho) deciso di fare un salto al negozio che mi ha rifilato il modello in questione per dire due amichevoli parole circa la vendita su E-Bay di aggeggi manomessi in modo porcino spacciandoli per "usato in perfette condizioni". La reazione del bottegaio è stata tale da convincermi a evitare di metter mai più piede in quel posto. Peccato, perché mi verrebbe comodo, trovandosi a due passi da casa di mia madre, in zona Città Studi.
Insomma, per farla breve: tornare a Milano Smistamento dove ero stato da ragazzo, respirare di nuovo quell'odore di ferrovia, vedere tutte assieme quelle macchine storiche, mi ha fatto tornare prepotente il sacro fuoco della passione ferroviaria. In questo link, La supercazzola sul vapore di Simone Luschi al M° Boccadoro.


Salutato il M° Boccadoro e caricatolo sul tram della linea 5 dopo un inseguimento alla Starsky & Hutch, ci si ritrova con Simone con le gambe sotto il tavolo al ristorante Acqua e Sale Due davanti a piatti di pesce di un certo pregio a discettar di treni e modellismo.

La mia idea di piazzare la E646.071 su un diorama, magari con qualche carrozza di complemento, viene bocciata da Simone. A lui le cose ferme non piacciono, non è uno dei cosiddetti "vetrinisti", quelli che spendono milionate di euri in modelli che restano immoti nelle teche o, addirittura, nelle scatole. Secondo lui dovrei piazzare un tratto di binario e farla andare avanti e indietro con un movimento automatico, il digitale permette anche questo senza grosso dispendio di denaro e senza particolari complicazioni tecniche.
Come sempre, il ritorno a casa, in questo caso in macchina, con in corpo una discreta quantità di Vermentino sardo, è occasione di riflessione. Davvero ho voglia di mettere in moto, è il caso di dirlo, un meccanismo del genere? Davvero ho intenzione di piazzare in soggiorno un locomotore che si muove avanti e indietro? Alfine, non sembrerebbe una cosa un po' ridicola? E poi, dove lo metto? Non è che abbia tanto spazio a disposizione. In alto, sopra la porta d'ingresso, verso il fregio originale? Oppure dalla parte opposta, sopra il divano? Mah, nessuna delle opzioni mi pare particolarmente affascinante. Sta a vedere che ora questa cacchio di E646 diventa un problema.
Ci penserò. In fondo, non è certo una priorità. Ho ben altre cose a cui pensare, che ai trenini. Ci mancherebbe altro. Quei tempi non ritorneranno più.

Forse.

martedì 24 settembre 2013

La gitarella a Follonica


Follonica non è che sia un posto tanto speciale, soprattutto in una piovosa domenica di marzo. Di brutto c'è soprattutto che per arrivarci da casa mia ci vogliono quattro ore di treno, con annessa levataccia per arrivare in tempo alla stazione di Voghera, passando da Genova (più quattro per il ritorno). Di buono c'è senz'altro il ristorante Il Sottomarino, dove la premiata ditta Luschi & Luschi ha avuto il buongusto di invitarmi per un sontuoso pranzo di mare.
Già, dice, cosa ci vai a fare a Follonica in una piovosa domenica di marzo? L'invito era a vedere uno dei plastici esposti da Andrea e Simone Luschi. Dite: ne valeva la pena? Confesso: sì. Quei due sono persone a modo, un po' muschiate come si conviene a dei maremmani veraci, ma quando ci si prende in simpatia il viaggio si fa volentieri e poi non potrò mai dimenticare i due immensi regali che mi hanno fatto e che non posso purtroppo citare, anche se uno è visibile in questo blog e l'altro avvenne due mesi prima (gennaio 2013) a Santo Stefano di Magra. Oltretutto, l'occasione è buona per conoscere altri amici di Facebook: Enrica Neala Dara (che ringrazio per la foto del plastico), Alina Maam e Michele Baragatti, che ha l'unico difetto di essere grillino. Ma gli passerà.


Insomma, già che c'ero, mi sono portato la mia E646, giusto per vederla circolare su un pezzetto di binario. Nulla a che vedere con l'ambientazione: il plastico in esposizione (eccone un dettaglio qui sopra) riproduceva la ferrovia Massa Marittima-Follonica Porto negli anni 10. Anzi, per la precisione il 10 settembre 1912.


Essendo il plastico digitale, era necessario adattare la E646 all'uopo. Ecco quindi Simone al banco di lavoro smadonnare nello scoprire che la macchina che mi era stata venduta era un discreto troiaio raffazzonato in qualche modo. Nell'altra foto, il babbo Andrea mostra il MultiMaus della Roco programmato col mio nome (non da lui, ché di digitale non ci capisce una sega) per far marciare il mio locomotore. Impresa NON riuscita dato che, appunto, la E646.071 non era propriamente in condizioni eccellenti. Pazienza. Dato che Simone deve venire a Milano la settimana ventura per la manifestazione Porte Aperte a Milano Smistamento, decide di trattenerla con sé per vedere di digitalizzarla come si deve.

Insomma: sulla via del ritorno, nelle lunghe ore solitarie di treno, pur non avendo visto la E646 in moto, cominciavo a pensare: perché tenerla su un mobile? Potrei mettere un pezzo di binario, niente di impegnativo, un pezzo di binario dritto a mo' di mensola, un diorama con un po' di vegetazione. Insomma, qualcosa di carino, via, che sarà mai?
E poi, magari, qualche carrozza, giusto per... ma no, con quel che costano.

Il germe, subdolo, infido, stava cominciando a insinuarsi.

Maledetti Luschi.

A Voghera, sul gippone la neve. Mica tanta, invero, però il ritorno a casa, stanco e affamato, a passo d'uomo lungo una A21 dove nessuno aveva avuto la bella pensata di passare uno spazzaneve fu un piccolo psicodramma.



domenica 22 settembre 2013

Un innocuo locomotore


 Si diceva: il fregio della E646. Lo so, la sto prendendo un po' alla larga. Eccolo qui, come mi è stato consegnato, a sinistra, nella colorazione arancio della livrea navetta, e da me riportato al verde magnolia originale recuperando il codice colore dalla Lechler, la Casa fornitrice ufficiale delle Ferrovie dello Stato all'epoca, e facendolo preparare in colorificio.


sabato 21 settembre 2013

L'antefatto

Andrea e Simone Luschi

Eccoli qua. Bellini, nevvero. No, non sono io, né l'uno né l'altro. 
Io sono quell'altro più sotto.
Ma andiamo con ordine.

La passione per i treni l'ho avuta fin da piccino, quando costringevo nonna Lucia a portarmi a Lambrate per ore. Idem zia Mirella al mare, in Liguria. Vabbè, storia comune a molti, non dilunghiamoci oltre.
Ovale Fleischmann regalato a 8 anni, con relativo smontaggio
e mai-più-rimontaggio di una bellissima locomotiva a vapore
tedesca a 4 assi motori con carrello anteriore e tender a 4 assi.
Poi, a 11 anni, uno start-set (adesso si dice così) Lima con
quella che sarebbe sempre rimasta ed è tuttora la macchina del
mio cuore, ovvero la E646, bagagliaio e carrozza UIC-X (scala
1:100 naturalmente) e, stravaganze della Lima d'antan, carrozza cinema SNCF. Attorno a quello start set costruii il mio primo vero plastico, a 12 anni, con 5 scambi elettrici e un segnale funzionante, tutto da solo, facendo i buchi nel compensato con un succhiello. Fu una grande soddisfazione davvero. Quel plastico rimase per anni nella casa in montagna, a Bratto. Naturalmente, anche quella E646 con motore G finì smontata e vivisezionata per mai più funzionare. Stiamo parlando del 1973.
Sulla E646 ci salii davvero, a Milano Smistamento, mi pare nel 1975 o giù di lì, grazie a nonno Alberto e al suo amico Faller che dirigeva se non sbaglio la squadra rialzo. In quell'occasione mi fu concesso pilotare per qualche metro una piccola locomotiva a vapore da manovra. Gaudio.
A proposito di E646: vedete sopra la mia testa? Quello è un fregio originale. Non posso dire chi me l'ha regalato, però è stato un grande regalo e l'ho restaurato personalmente ridandogli il meraviglioso colore verde magnolia delle origini.
Poi gli anni passarono. Nel 1990 iniziò per me quella che sarebbe stata una lunghissima e fondamentale storia sentimentale. Con la scusa di far giocare i figli della mia compagna, riuscii a convincere la medesima della assoluta necessità di installare un plastico in salotto. Et voilà. Un anno a trasformare il salotto in un cantiere per il MIO divertimento. A pensarci adesso, era un orrido panettone costruito in economia con tre circuiti separati senza alcuna coerenza modellistica, storica, estetica - ma io non avevo alcuna cognizione in materia, e non c'era Internet per informarsi. La parte elettronica, inclusi i tre alimentatori per i circuiti, era totalmente autocostruita: nella foto qui sotto quel che resta del pannello di comando. La foto del plastico non la metto perché non ne vale la pena.