La stanza sopra il garage
Giunti a questo punto, mi ritrovo con un po' di locomotori digitalizzati (la cosa divertente è che i decoder comprati su Ebay in Germania arrivano regolarmente accompagnati nel pacco da una confezione di quelle schifezze gommose di Haribo), un bel po' di carrozze passeggeri, un altro bel po' di carri merci e il MultiMaus della Roco. Praticamente tutto ciò che serve per far funzionare un bel plastico... senza avere il plastico. Sì, perché nel frattempo c'è stata anche la mostra-scambio di Novegro, appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati. E io, a quanto pare, lo sono diventato. Insomma, i banchi degli espositori sono lì, sotto il naso, con ogni bendiddio...

Non ho potuto esimermi, per esempio, dall'acquistare alcune bellissime carrozze Tipo 1957 della Rivarossi "italiana", tra i modelli migliori fabbricati dall'azienda comasca. E quando ho visto la E646.005 Roco, serie speciale numerata in valigetta di metallo prodotta in soli 3.100 pezzi (il mio è il n. 1698) a prezzo più che invitante, non mi sono tirato indietro. Più qualcos'altro qua e là che è superfluo elencare.
Insomma, Simone Luschi - sempre lui, il mio Grillo parlante personale - continuava a rompermi le scatole. «Basta comprare locomotive! Basta comprare treni! Lo vogliamo fare 'sto plastico o no?» Io naturalmente sapevo che aveva ragione. Se nicchiavo era perché in fin dei conti mi spaventava un po' l'impresa. Comprare treni - e anche costruire carri, accumulare materiale rotabile insomma - era solo un gioco, un divertimento fine a se stesso. Sapevo che avrei potuto smettere in qualunque momento - esattamente ciò che dicono tutti i tossici - e sapevo che quel materiale l'avrei potuto rivendere facilmente su Ebay praticamente senza rimetterci nulla. Certo, intanto il materiale si accumulava e lo scaffale comprato per collocarci i dischi in vinile veniva via via usurpato dalle scatole dei treni. E io NON sono un mero collezionista, non me ne frega niente di avere lì una montagna di scatole inerti.
Però ero anche stufo di avere uno stupido ovale sul pavimento del soggiorno poco utilizzabile - vecchi binari Lima arrugginiti per nulla stabili, soggetti ai continui assalti di Cleopatra nonché ricettacoli di polvere, sporcizia & peli di gatto. Simone - arieccolo - dice: «Comincia con qualcosa di piccolo». Uhm. Si dà il caso che la mia modesta magione tra le colline sia composta di cinque stanze. Al piano inferiore, soggiorno e cucina. Al piano superiore, due camere da letto più il bagno. All'esterno, sopra il garage, con accesso indipendente, una quinta stanza, isolata dal resto della casa. In basso, una vista dall'esterno. Più grande delle altre, oltretutto, con il tetto nuovo, l'interno a travi di legno, e il pavimento a livello intermedio. L'idea iniziale sarebbe stata quella di aprire una porta dalla cucina, con alcuni gradini nello spessore del muro (la casa è di fine 800, i muri sono spessi quasi un metro e il dislivello è anch'esso di un metro) e farci una sorta di studio e/o sala da pranzo. Ma la domanda è: cosa cacchio me ne faccio di uno studio? Tanto sto sempre in soggiorno. E cosa cacchio me ne faccio di una sala da pranzo? D'inverno si mangia in cucina - ci si sta comodi in sei, e un po' meno comodi in otto - e d'estate in veranda, dove ci si può stare anche in venti. Via, il dato è tratto. Si butta giù un progetto, e si comincia. Ecco, appunto. Il progetto. Roba da nulla, nevvero?

Nessun commento:
Posta un commento